Dalla proprietà all'utilizzo


 

Nel sistema economico produttivo moderno-contemporaneo il settore dell'automobile risulta essere uno dei più validi a costruire le economie di scala. Attraverso le catene di montaggio e la conseguente standardizzazione del lavoro, il prodotto generato dalle economie di scala ha un costo più basso al crescere delle unità prodotte.

In termini puramente teorici l'oggetto numerato come 100 dovrebbe poter essere venduto nel mercato ad un prezzo sensibilmente più basso rispetto all'oggetto numerato da 1 a 99.

Nella realtà non accade così, ovvero accade in parte attraverso ribassi ed incentivi che in qualche modo vanno a coprire la differenza di prezzo del venduto. 

In altre parole, se l'auto n. 1 viene messa sul mercato al prezzo di 900 euro, l'auto numero 101 verrà messa sul mercato sempre al prezzo di 900 euro. Capita però che il mercato, superata la capienza di una fascia di popolazione capace di spendere 900, sia disposto ad acquistare a 500/600. A quel punto, talvolta intervengono degli aiuti/incentivi governativi che permettono di poter acquistare al prezzo di 900 versando nelle casse del produttore anche la differenza dei suddetti 400/300. Non è superfluo rammentare che gli aiuti governativi provengono dalla collettività che li versa sotto forma di tributi, ovvero imposte e tasse.

Detti incentivi all'acquisto non vanno quindi a soccorso dell'utilizzatore finale ma a colmare quel gap che permette di incassare il surplus e finanziare il cosiddetto capitalismo.

Da oltre vent'anni, alcuni industriali hanno cominciato a valutare il concetto di utilizzo versus quello di proprietà. Ad esempio, il valore di un automobile non inteso come possesso di un bene che, sulla base di caratteristiche tecniche ed estetiche, definisce uno status, quanto piuttosto "l'ambizione" di considerare finalmente gli oggetti per il loro utilizzo, così da slegare l'individuo dal giogo di essere esso stesso un oggetto.


 


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